Racconti
Ovest Europa

Senza Paura

level 1
Difficoltà *

Riassunto: Un giovane senza paura, trascorre una notte in un palazzo stregato, riuscendo a superare le prove e divenendo così molto ricco.

C’era una volta un giovane che non aveva paura di niente.

Un giorno giunse in una città e dato che si era fatto notte chiese di dormire in una locanda.

“Mi spiace”, disse il locandiere, “non ho posto ma, se non hai paura un posto dove dormire ci sarebbe.”

“Io non paura di niente e poi sono stanco, portatemi pure dove volete.”

L’uomo allora condusse il ragazzo in un palazzo poco distante.

“Sei ancora in tempo a cambiare idea,” disse l’uomo “nessuno di quelli che ha dormito qui si è mai più svegliato e il giorno successivo sono usciti sì, ma dentro una bara.”

“La ringrazio dell’avvertimento ma io non ho paura.” E spinto il portone entrò.

Nel grande salone pieno di polvere e ragnatele il ragazzo rimasto solo, si mise seduto e cominciò a mangiare.

Dal cammino udì una voce orribile chiedere: “Butto?”

Il ragazzo ingoiò il boccone e con calma rispose: “Butta, butta!“

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Una grossa gamba rotolò giù trovando posto in mezzo al salone che al confronto di quella gamba sembrava essersi rimpicciolito.

Il ragazzo continuò a mangiare.

La voce tornò a chiedere: “Butto?”

“Butta, butta!” Rispose ancora.

E scese giù un’altra gamba.

“Butto?”

“E butta.”

E scese giù un busto.

“Butto?”

“Ma certo, butta!”

E scese un grosso braccio che subito cominciò a comporre quel puzzle di pezzi e collegò le gambe al busto e poi a sé stesso.

“Butto?” Chiese ancora la voce dal cammino.

Con un’alzata di spalle il ragazzo sospirò un altro annoiato: “Butta!”

Un altro braccio rotolò giù, l’altro lo raccolse e lo attaccò al busto… era un corpaccione davvero enorme che occupava l’intera stanza ma il ragazzo continuava a mangiare dando occhiate occasionali.

“Butto?” Domandò la voce.

“Butta, butta, non preoccuparti!”

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E dal cammino con un gran fracasso rotolò giù un testone che le due braccia raccolsero e posizionarono sopra il busto.

Era talmente alto che doveva stare un po’ curvo per evitare di sbattere la testa sul soffitto.

Il ragazzo incuriosito si voltò: “Hai fame? Ho qui un po’ di pane disse porgendogli una fetta.”

Due grosse dita presero quella minuscola offerta che subito sparì nella bocca del gigante.

“Vieni con me.” Disse l’omone.

“Vai pure tu che io ti vengo dietro.”

L’omone sollevò una botola e disse :“Scendi.”

“Scendi tu che io ti vengo dietro.”

L’omone scese una scala che sembrava infinita e giunsero di fronte ad una porta.

“Apri.” Disse l’omone.

“Apri tu.” Rispose il giovane e l’omone aprì la porta.

“Entra.” Disse di nuovo.

“Vai prima tu, io ti seguo.”

Il gigante entrò e trovandosi di fronte tre grosse ceste piene d’oro e di gioielli disse: “Portale su.”

“Portale tu.”

Una per volta il gigante portò le enormi ceste ed insieme tornarono nel salone.

“L’incantesimo è finito. Il palazzo è tuo. Due di queste ceste sono per te, la terza invece la darai al primo uomo povero che incontrerai per strada domani mattina.”

“Va bene”, disse il ragazzo, “grazie. Posso fare qualcos’altro per te?” Chiese gentilmente.

“Avrei bisogno di un grosso sacco.” Rispose il gigante.

Il ragazzo si guardò intorno e proprio accanto al camino vide un sacco di juta, lo raccolse e glielo dette.

Subito l’omone si staccò la gamba destra, poi quella sinistra, il braccio sinistro, e poi la testa e il busto e mise tutto nel sacco.

Il braccio destro con quell’enorme fardello risalì su per il camino.

Il ragazzo rimasto solo si addormentò.

L’indomani all’alba sentì aprire la porta e vide entrare quattro ometti vestiti di nero e il prete.

“Noi saremmo venuti a prenderti.” Disse il prete.

Il ragazzo si alzò con un balzo dal divano su cui si era addormentato e quasi fece morire il prete per lo spavento.

“Come potete vedere sono vivo e in ottima forma e di voi non ho bisogno.”

Passarono molti e molti anni infatti prima che il prete e i quattro omini tornassero.

Il ragazzo ormai era divenuto vecchio e anche un po’ cieco da un occhio e forse fu per questo che un giorno, vedendo la propria ombra se ne spaventò così tanto, che morì.

Barbara Lachi from: ITALO CALVINO, Fiabe Italiane, (prima edizione 1956), Edizioni Oscar Mondadori, Milano 2002. Titolo: Bela Fronte, N°1 vol. I; da: AUTORI VARI

La fiaba è stata scritta da Barbara Lachi che ha utilizzato come fonte principale la raccolta Fiabe Italiane di Italo Calvino. Le versioni di Barbara Lachi sono nella maggioranza dei casi la riscrittura, al fine di evitare problemi dovuti ai diritti d’autore, ma molte delle fiabe hanno subito vere e proprie modifiche nell’andamento e nei finali.