Racconti
Ovest Europa

La Principessa Cornuta

level 3
Difficoltà ***

Riassunto: Un giovane grazie a 3 oggetti magici cambia la propria sorte. La principessa di cui è innamorato però gli sottrae tutti gli oggetti causandone di nuovo la povertà. Un’espediente magico, aiuta il giovane a recuperare gli oggetti e punire la principessa.

C’era una volta un vecchio che vendette la propria casa, tranne tre mattoni, che lasciò in eredità ai suoi tre figli.

Molto tempo più tardi, quando i soldi della vendita erano finiti, il figlio maggiore andò dalla nuova proprietaria della casa a pretendere il suo mattone.

La signora non voleva darglielo e si offrì di pagarlo pur di non avere un buco nel muro, ma Reginaldo non volle sentir ragioni, il mattone fu tolto e rivelò un piccolo segreto.

Reginaldo, infatti, vi trovò una vecchia borsa vuota, che si mise a tracolla prima di partire in cerca di fortuna.

Cammina, cammina gli venne fame e messa la mano nella borsa chiese: “Vorrei due soldi per comprare il pane.”

E tra le dita sentì comparire due monete.

“Perbacco, allora ne voglio cento!”

E la borsa divenne così pesante che quasi perdeva l’equilibrio.

Doveva solo chiedere, non c’era cifra che la borsa non potesse esaudire: cento, mille, diecimila, un milione!

Divenne ricco, talmente ricco che si fece costruire un magnifico palazzo di fronte a quello del Re.

Reginaldo si affacciò al balcone e vide la figlia del Re, talmente bella che se ne innamorò in un’istante.

Reginaldo la chiese in sposa.

L a Principessa Ludmilla gli rispose che lo avrebbe sposato molto volentieri, tuttavia era necessario che lui le rivelasse il segreto della sua ricchezza.

Accecato dall’amore, Reginaldo le raccontò della borsa ricevuta in eredità dal padre.

Durante la cena, la cameriera della Principessa mise nel vino di Reginaldo del potente sonnifero.

Reginaldo si addormentò così profondamente che neppure un cannone lo avrebbe potuto svegliare.

La Principessa Ludmilla poté così entrare nella sua camera e indisturbata, sottrargli la borsa ma affinché, lo sciocco non se ne accorgesse, la sostituì con una uguale.

Quando Reginaldo si accorse dello scambio era ormai troppo tardi, il matrimonio sfumò e con quello anche le sue ricchezze.

Non avendo più la borsa magica, Reginaldo fu costretto a vendere tutto, ritornando in breve tempo più povero di prima.

Umiliato e affranto decise di fare ritorno nella città in cui vivevano i suoi fratelli, scoprendo che il secondogenito era divenuto ricchissimo.

Il fratello lo accolse con entusiasmo e gli offrì la propria ospitalità, raccontandogli di come fosse riuscito ad accumulare in breve tempo una così grande ricchezza.

“Poco dopo che tu sei partito, anch’io sono andato a prendere il mio mattone e sotto vi ho trovato un mantello. Non era un mantello qualsiasi ma capace di rendere invisibile chiunque lo indossasse. Così ho iniziato a fare furti in tutti i castelli e i palazzi, portando via grandi fortune…”

“Romualdo, fratello mio, prestami il tuo mantello perché io possa recuperare la mia borsa e la mia ricchezza.” Chiese Reginaldo speranzoso.

Il fratello acconsentì volentieri e Reginaldo grazie al mantello poté agire indisturbato.

Più abile del fratello in breve tempo accumulò una ricchezza superiore alla precedente e costruì di fronte a quello del Re un castello ancora più grande.

Ludmilla ne fu sorpresa e colpita.

Trascorsi pochi giorni, Reginaldo fu nuovamente accolto a corte.

Ludmilla si lasciava corteggiare cercando di scoprire il nuovo segreto. Conquistata nuovamente la fiducia seppe che stavolta l’oggetto meraviglioso era un mantello.

Per la seconda volta, Reginaldo bevve il vino, nel quale, la prodiga cameriera aveva versato una generosa dose di sonnifero capace di far addormentare un intero esercito.

Reginaldo si addormentò profondamente cosicché Ludmilla poté con tutta tranquillità impossessarsi del suo mantello.

L’indomani riposato come una rosa, Reginaldo indossò il mantello e credendosi invisibile cercò di insinuarsi nella camera della Principessa per recuperare la borsa.

Sorpreso dalle guardie fu arrestato e costretto a restituire tutte le ricchezze sottratte.

Costernato e avvilito, appena fu libero tornò in città dai fratelli per scoprire che il più piccolo, Astolfo, era divenuto un signore ricco e potente.

Astolfo lo accolse con tutti gli onori e grande affetto.

Lo consolò dicendo che la sua ricchezza era talmente vasta che poteva condividerla con lui.

Raccontò dell’ultimo mattone e dell’oggetto magico che nascondeva e gli mostrò un piccolo corno in avorio finemente cesellato.

“Quando soffi ne esce fuori il più valoroso e temibile degli eserciti, nessuno può batterlo. Ho mosso guerre contro tutti i regni e sono tornato vittorioso e ricco. Ora vivo in pace, puoi vivere qui anche tu.”

Reginaldo raccontò allora delle sue disavventure e del suo amore per la Principessa Ludmilla e per questo gli chiedeva in prestito il corno con il quale intendeva riprendersi la borsa, il mantello e il cuore dell’amata.

Il fratello provò a convincerlo del contrario ma alla fine acconsentì e lasciò che Reginaldo partisse.

Con il corno fatato in breve tempo riconquistò tutte le ricchezze perdute e poté far costruire un castello talmente grande da fare ombra a quello della Principessa Ludmilla.

La Principessa rimase seriamente colpita dalla determinazione con cui Reginaldo voleva conquistare il suo cuore, ma nonostante questo, era convinta che anche questa volta, dietro quella ricchezza si nascondesse qualche oggetto magico.

Circuì e abbindolò con il solo sbattere di ciglia l’ingenuo Reginaldo.

Lo sguardo e il sorriso di Ludmilla lo avevano talmente irretito che anche stavolta infatti non si accorse del sonnifero e in un solo sorso trangugiò il vino offerto.

Il corno fu rubato e sostituito senza che lui se ne accorgesse, tuttavia qualche giorno più tardi passeggiando nel bosco si trovò circondato da una banda di ladri.

Senza spaventarsi e facendo anche un po’ lo sbruffone si mise a minacciarli con il finto corno.

I ladri lo guardarono perplessi e con le braccia conserte si misero ad aspettare quell’esercito portentoso.

Reginaldo suonava, suonava, suonava ma non comparì nessuno, i ladri che avevano perso la pazienza lo suonarono di santa ragione.

Dolorante e ferito più nell’orgoglio che nel corpo, Reginaldo decise di porre fine alla propria vita e soprattutto alla vergogna per essere stato tanto sciocco.

Arrivato sul ciglio di un precipizio, Reginaldo chiuse gli occhi e si gettò.

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La sua caduta fu arrestata da un albero di fichi che sporgeva dalla parete.

Un albero pieno di frutti maturi.

-Se proprio devo morire addolcirò quest’ultimo momento.- Si disse e prese a mangiare quei frutti viola, morbidi e succosi.

Improvvisamente sentì qualcosa spuntargli sulla testa e poi da un fianco, e ancora da un gomito.

Si guardò e vide che si stava riempiendo di corna, enormi, gigantesche.

Palchi grandi come quelli di un cervo adulto!

-Uno scornato con le corna. – pensò più triste di quanto non fosse prima mentre si lascava cadere nel vuoto.

Ad arrestare il suo volo però, c’era un altro albero di fichi verdi.

Le corna si erano intrecciate ai rami rendendo impossibile ogni movimento.

A Reginaldo veniva da piangere ma anche un po’ da ridere e dato che anche quell’albero era carico di fichi cominciò a mangiarne.

Ad ogni morso le corna si riducevano e frutto dopo frutto scomparvero interamente…

Reginaldo adesso rideva e basta, rideva mentre raccoglieva i fichi verdi e poi arrampicandosi, anche un po’ di quelli neri.

Con le foglie realizzò due cesti vi depose i fichi e tutto felice si recò a trovare Ludmilla.

La cameriera portò il cesto di fichi neri alla Principessa che essendone veramente ghiotta cominciò a mangiarli uno dietro l’altro fermandosi solo quando la cameriera cominciò ad urlare per l’orrore.

Dalla testa ai piedi Ludmilla era ricoperta di corna, talmente tante che avrebbero potuto utilizzarla come attaccapanni.

Ludmilla barcollava per il peso e per la paura.

Furono chiamati medici e scienziati da ogni parte del regno ma nessuno era in grado di curarla.

Passata una settimana, Reginaldo travestito da medico si presentò al castello. Rimasto da solo con la paziente, Reginaldo si fece riconoscere e le confessò di essere l’artefice di quella bella acconciatura che la ricopriva.

“Ora, se vuoi guarire, dovrai restituirmi tutto quello che mi hai sottratto!” Le disse risoluto.

Ludmilla non se lo fece ripetere due volte.

Appena Reginaldo fu tornato in possesso degli oggetti magici, le diede i fichi verdi da mangiare e le corna così come erano comparse, svanirono.

Reginaldo tornò a casa riconsegnò gli oggetti ai fratelli e si costruì un castello, lontano da quello del Re e di Ludmilla, dove ancora vive felice.

Barbara Lachi from: ITALO CALVINO, Fiabe Italiane, (prima edizione 1956), Edizioni Oscar Mondadori, Milano 2002. Titolo: La reginotta con le corna N.189 Vol. III; da GIUSEPPE PITRÉ, Fiabe, novelle e racconti popolari siciliani, 28. La vurza, lu firriolu e lu cornu ‘nfatatu. Acireale, 1875

La fiaba è stata scritta da Barbara Lachi che ha utilizzato come fonte principale la raccolta Fiabe Italiane di Italo Calvino. Le versioni di Barbara Lachi sono nella maggioranza dei casi la riscrittura, al fine di evitare problemi dovuti ai diritti d’autore, ma molte delle fiabe hanno subito vere e proprie modifiche nell’andamento e nei finali.