Fiabe
Ovest Europa

La doppia vita del Principe

level 3
Difficoltà ***

Riassunto: Nato da un patto con un demone, un principe sfugge alla propria reclusione travestendosi da tignoso. Assunto come giardiniere alla corte di un Re, ne sposa la figlia contro il volere del padre. La guerra porterà alla luce la sua vera identità.

C’era una volta un Re infelice poiché non aveva figli.

Il suo sguardo era sempre velato di malinconia.

Ogni suo gesto, ogni suo sorriso, non riuscivano mai a nascondere, questa sua amarezza.

Un giorno, camminando nel bosco immerso nei suoi grigi pensieri, lo avvicinò un uomo vestito di nero, con la testa coperta da un cappello che non lasciava intravedere lo sguardo.

“Io posso farti avere il figlio che desideri, ma quando compirà quindici anni, tornerai qui, in questo bosco, e me lo consegnerai.”

ll Re, colto di sorpresa, accettò quel patto scellerato e prima che potesse ripetere il suo centesimo grazie, quell’uomo era scomparso tra le ombre del bosco.

Il bambino nacque e cresceva intelligente, bello, brillante e acuto, imparava tutto con curiosità vivace, si appassionava alle scienze e alla filosofia.

I capelli avevano il colore dell’oro, era amabile e altruista.

Cavalcava e tirava di scherma.

Il padre lo guardava con amore e orgoglio ma, ogni anno che passava, il suo sguardo tornava a riempirsi di grigio, per quella scadenza nefasta.

Gli anni volarono via come se qualcuno avesse fatto girare la ruota del tempo al doppio della velocità e il Principe, compì 15 anni.

Il Re, divenuto intrattabile da giorni, scoppiò in lacrime di fronte al figlio, mentre per la prima volta gli rivelava il suo segreto.

Quello stesso giorno lasciarono insieme il castello e si avventurarono nel fondo spettrale del bosco.

L’uomo, vestito di nero e con lo sguardo celato dal cappello, comparve materializzandosi all’improvviso.

Prese il ragazzo e lo condusse con sé.

Mentre cavalcavano l’uno accanto all’altro gli disse:“Da ora in poi vivrai con me.”

Dal bosco erano passati dentro un castello senza che neppure il ragazzo se ne fosse accorto.

Era un castello enorme e cupo, in cui le parole dell’uomo risuonavano plumbee e pesanti come un cielo carico di pioggia.

“Puoi entrare in ogni stanza, andare in giardino… ma non devi mai, per nessun motivo, scendere nelle scuderie, aprire questa porta, né usare gli oggetti che sono nell’armadio!”

Il Principe annuì.

Il giovane trascorse i primi tre giorni ad esplorare le numerose stanze del castello e a passeggiare nell’immenso giardino.

Al quarto giorno, tuttavia, non avendo più niente da scoprire, decise che restavano solo la porta, gli oggetti e le scuderie.

Ogni giorno l’uomo vestito di nero si assentava per lungo tempo.

Rientrava solo a notte inoltrata, riportando sempre enormi sacchi pieni di cose misteriose.

Il ragazzo si mise a spiare per vedere cosa contenessero.

L’uomo aprì la porta proibita, dalla quale uscirono fumo e fiamme e un disperato e confuso gridare, e versò il contenuto di uno dei sacchi.

Un lamento straziante spaventò il cuore del ragazzo che però, rimase ad osservare quella lugubre scena: anime trasparenti e doloranti scivolarono tra le fiamme unendosi ai lamenti e ai pianti.

Il ragazzo capì che quello, era l’inferno e che, il suo ospite era un demone.

Il giorno successivo appena l’uomo uscì, il ragazzo aprì l’armadio e ne prese i tre oggetti: un pettine, una spugna e uno specchio.

Li mise nella sua bisaccia e si recò nelle scuderie dove ritrovò il suo cavallo con cui fuggì nel bosco.

Quando il demone si rese conto che il Principe era fuggito, si mise a corrergli dietro a grandi balzi.

Ogni passo copriva migliaia di metri, scavalcava monti e valli e in un attimo era dietro il ragazzo che incitava il proprio cavallo a correre più veloce.

Il demone però era sempre dietro, ad un passo da lui, pronto ad acciuffarlo.

Il ragazzo, sentiva il suo fiato e gli artigli sfiorargli i capelli, istintivamente lanciò il pettine dietro di sé.

I denti del pettine cominciarono a crescere, a contorcersi, creando un fitto e intricato bosco, fatto di rovi e di alberi, rami e radici in cui, i piedi del demone restavano impigliati, rallentandone così la corsa.

Il cavallo del Principe correva, correva con forza disperata, per cercare di raggiungere il fiume, poiché se lo avessero attraversato, il demone non li avrebbe potuti inseguire, perché tutti i demoni temono l’acqua.

Il Principe voltò la testa, vide che il demone si era liberato e aveva ripreso ad inseguirlo con più accanimento che mai e correva, slanciando quelle possenti gambe e facendosi più vicino.

Il Principe, allora, gettò la spugna e il terreno cominciò a divenire molle e inconsistente.

I piedi del demone affondavano, affondavano e con sempre più fatica riusciva a tirarli fuori da quella melma appiccicosa, rendendolo se possibile più furioso e determinato.

Passo dopo passo, riprese l’inseguimento, correndo rabbiosamente a più non posso.

Il Principe spaventato, lanciò lo specchio che divenne un monte dalle pareti ripide e lisce.

Per quanti sforzi facesse il demone, scivolava.

Né le sue mani, né i suoi piedi, riuscivano a far presa su quelle pareti senza appigli, così mentre il Principe, oltrepassava il fiume mettendosi per sempre al sicuro, del demone se ne perdevano le tracce.

Il Principe continuò a cavalcare per giorni, per essere sicuro che il suo nemico fosse davvero lontano.

Cavalcò finché giunse nel regno del Re del Portogallo, il quale aveva una figlia, che si diceva essere, una delle sette meraviglie del mondo.

Il giovane, che temeva ancora per la propria vita, decise di nascondere la propria identità.

Indossò abiti laceri e nascose la propria bellezza coprendosi la testa con una vescica di bue che lo faceva sembrare affetto da tigna.

Con questo suo nuovo aspetto si recò a palazzo per cercare lavoro.

Ad accoglierlo fu il giardiniere reale, che aveva giusto bisogno di aiuto.

Finito il lavoro quotidiano, il giardiniere gli disse che poteva dormire nel capanno degli attrezzi.

Appena il Principe fu certo che tutti nel castello stessero dormendo, indossò i suoi abiti, si tolse la vescica dalla testa e salito sul suo cavallo uscì in giardino mettendosi a giostrare.

La luna giocava sui suoi capelli, quei bagliori dorati attrassero la Principessa che stava affacciata alla finestra e vide comparire quel bellissimo giovane.

Rimase sveglia tutta la notte, finché il Principe tornò nel capanno e da quello stesso capanno, la Principessa, vide uscire l’aiutante del giardiniere.

Ogni notte, il giovane indossava i suoi abiti di Principe ed usciva a giostrare sotto lo sguardo attento e innamorato della Principessa, che giorno dopo giorno si persuase che il Principe misterioso e il brutto aiutante giardiniere, fossero la stessa persona. La Principessa si recò dal padre per dirgli che voleva sposare il giovane giardiniere.

Il Re andò su tutte le furie, e cacciò la figlia dal castello mandandola a vivere con quel suo sposo tignoso e dappoco.

La fanciulla sposò il giardiniere che non si mostrò mai a lei con il suo vero aspetto. Solo la notte, al buio, lasciava che gli carezzasse i capelli e la pelle liscia del volto.

Come in ogni regno che si rispetti, ai tempi di pace seguirono tempi di guerra, e il Re del Portogallo fu costretto a partire.

L’esercito nemico era forte e numeroso e al castello giungevano notizie sull’andamento incerto delle battaglie.

Il Re del Portogallo fu costretto a retrocedere mentre l’avversario, avanzava minaccioso.

Il Principe, sentite queste notizie, tolse i panni da giardiniere, indossò non visto la sua armatura, e scese in battaglia in aiuto del Re.

Sferzando fendenti e con mosse audaci, capovolse in favore del Re del Portogallo, l’esito della guerra.

Sotto lo sguardo attonito dei due eserciti contrapposti, il Principe valoroso, lottava da solo contro sette cavalieri, quando venne colpito ad un braccio.

Nonostante la ferita, continuò a lottare senza posa, finché, l’esercito nemico batté sconfitto in ritirata.

Stanco e ferito, prima che qualcuno potesse fermarlo, fece ritorno al suo capanno cadendo tra le braccia della sua sposa.

Anche il Re, fece ritorno al castello festeggiato per la vittoria.

Con lo sguardo cercava tra i soldati del suo esercito, quel misterioso cavaliere il cui intervento era stato tanto propizio.

Tra la folla però, non riusciva a scorgerlo.

Incontrò invece, lo sguardo triste della figlia.

“Ho bisogno di voi e delle cure di un medico per mio marito.” Disse piangendo la Principessa.

Il Re, era talmente felice per la vittoria, che decise di essere magnanimo e chiamato il medico di corte, lo accompagnò al capanno dove, i due giovani vivevano.

Sdraiato su un giaciglio di paglia, c’era il giovane valoroso che lo aveva salvato.

Capì così che spesso, le apparenze ingannano.

Dietro quell’umile giardiniere si nascondeva un prode e coraggioso cavaliere.

Qualche tempo dopo furono officiate nuovamente le nozze con una festa degna di un imperatore, per celebrare l’amore dei due giovani e il ritorno della pace.

Barbara Lachi from: ITALO CALVINO, Fiabe Italiane, (prima edizione 1956), Edizioni Oscar Mondadori, Milano 2002. Titolo: Il tignoso N°110 vol. II; da GENNARO FINAMORE, Novelle, N°. 17, Le favule de lu tignusjelle, Chieti (Lanciano, 1882, Vol. I° parte I°)

La fiaba è stata scritta da Barbara Lachi che ha utilizzato come fonte principale la raccolta Fiabe Italiane di Italo Calvino. Le versioni di Barbara Lachi sono nella maggioranza dei casi la riscrittura, al fine di evitare problemi dovuti ai diritti d’autore, ma molte delle fiabe hanno subito vere e proprie modifiche nell’andamento e nei finali.