Fiabe
Ovest Europa

In cerca della corona

level 2
Difficoltà **
Temi : Eroi

Riassunto: La fata Alesina ruba la corona ad un re addormentato. Il re addolorato manda i tre figli a cercarla. Il minore riuscirà a recuperarla, salvando anche due principesse rapite alcuni anni prima.

C’era una volta un Re a cui piaceva fare lunghe passeggiate nella natura.

Un giorno durante una di queste sue uscite si mise sotto un albero e si addormentò.

Al suo risveglio però si accorse di non avere più la corona in testa e non volendosi presentare senza di fronte ai suoi sudditi, si chiuse nelle sue stanze e disse che non voleva vedere nessuno.

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Il Re aveva tre figli, ognuno di loro provò a capire quale fosse il motivo di quel comportamento.

Provò il primo ma venne respinto.

Provò il secondo che non fu fatto neppure avvicinare.

Provò il terzo che si chiamava Dante ed era il suo preferito e, con gentilezza riuscì a convincere il cocciuto padre a farlo entrare per parlare.

Nell’oscurità della stanza il Re raccontò della sua sventura, di aver perso la corona senza la quale non voleva mostrarsi ai suoi sudditi.

Il giovane rincuorò il padre e disse che l’indomani lui e i suoi fratelli sarebbero partiti alla ricerca della corona.

I tre principi partirono di buona mattina, giunti fuori dal regno si trovarono di fronte a tre strade.

“È arrivato il momento di separarsi, auguro a noi tutti buona fortuna!” Disse il fratello minore e, ciascuno spronando il proprio cavallo, partì seguendo una direzione.

La strada presa da Dante si faceva via via più perigliosa e difficile.

La vegetazione diveniva fitta e cavalcare era quasi impossibile.

Dante scese da cavallo e gli ordinò di ritornare indietro.

“Le nostre strade si dividono mio fedele amico, io proseguirò a piedi.”

Cammina, cammina, vide una piccola casa, ormai si stava facendo buio e Dante si avvicinò per chiedere un riparo per la notte.

“Figliolo benedetto!” Disse la vecchia che gli aprì, “tu non sai dove sei capitato?” “Veramente non saprei…” Rispose titubante il giovane.

“Questa è la casa della Bora. Se quando torna ti trova qui di te farà un solo boccone.” Disse la vecchia con preoccupazione, mentre si guardava intorno scrutando le ombre del bosco.

“Ma io sono stanco e lontano da casa e non so dove andare! Sto cercando la corona di mio padre e pensavo che forse qui avreste potuto darmi qualche aiuto.”

“Va bene entra e fai quello che ti dico. La farò mangiare a sazietà così tanto che non avrà più fame e non dovrà mangiarti.”

Dante entrò e subito la vecchia lo nascose nel cassetto più basso del comò raccomandandosi che non facesse rumore e che respirasse piano piano perché la Bora aveva un udito finissimo.

Si era appena sistemato sul fondo del cassetto quando sentì la porta aprirsi e richiudersi con un tonfo e qualcuno che a grandi passi attraversava la stanza.

Ad ogni passo tutto sobbalzava.

Subito la vecchia, che della Bora era la madre, la fece accomodare a tavola riempiendole il piatto di pietanze e il naso di profumi.

La Bora mangiava a quattro palmenti, ingoiando ogni cosa la madre le servisse.

Finalmente si sentì sazia e si adagiò sulla sedia.

“Figlia cara, disse allora la vecchia devo presentarti un giovane che ci ha chiesto riparo.”

Il giovane Dante allora uscì dal cassetto e con titubanza si avvicinò al tavolo, la Bora lo guardava dall’alto in basso.

“Signora Bora”, disse Dante “forse voi potete aiutarmi… Qualche giorno fa, qualcuno ha rubato la corona di mio padre, che per questo motivo è stato colto da grave sconforto. Io sono qui per cercarla e forse voi potrete dirmi qualcosa.”

“In effetti da quello che mi racconti mi viene in mente la Fata Alesina.”

“Dove vive questa Fata?”

“Non molto lontano da qui c’è un’alta montagna, in cima alla quale c’è il palazzo della Fata. Il castello è protetto da un recinto e un grande cancello di fronte al quale c’è un guardiano. Però quel guardiano è mio padre, dunque ti darò un lasciapassare e così ti farà entrare. Lui ti dirà quello che devi fare.”

L’indomani Dante partì e giunto di fronte al cancello consegnò il messaggio che la Bora aveva scritto.

“Ascoltami bene”, disse l’omone “prendi questi fiori e copriti la faccia, a quelli che ti chiederanno dove stai andando dirai che li stai portando alla Fata Alesina che te li ha chiesti. Nessuno ti fermerà. Però resta nascosto non mostrare la faccia, qui ci conosciamo tutti e in un attimo ti divorerebbero. Ho un’altra raccomandazione: non ti avvicinare alla Fata, non toccarla né baciarla, poiché se lo farai diventerai una statua… è molto bella e ne avrai certo la tentazione.”

Dante raccolse un bel mazzo di fiori e cominciò ad addentrarsi nei corridoi del palazzo fino a giungere alla stanza della Fata che bellissima dormiva sul suo letto.

Era talmente bella che la tentazione di darle un bacio quasi gli offuscava la mente ma ricordando la raccomandazione si concentrò sulla ricerca della corona.

Finalmente la scorse insieme ad un mantello fatto di stelle e un uccellino d’oro.

Dante raccolse tutto e fuggì gettando un ultimo sguardo alla bellissima Fata.

Giunto fuori dal palazzo proseguì finché non si trovò nuovamente nel bosco da dove era venuto.

Mentre si addentrava scorse un enorme oca che girava intorno ad un pozzo.

Dante si avvicinò e l’oca abbassò il collo perché Dante potesse salire, poi spiccò il volo e scese dolcemente in fondo al pozzo.

Due bellissime fanciulle lo accolsero con stupore e meraviglia.

“Avevamo perso le speranze che qualcuno venisse a salvarci. La Fata Alesina ci ha rapito molti anni fa per poterci rubare il mio scialle di stelle e il suo uccellino d’oro e poi ci ha rinchiuso infondo a questo pozzo.”

“Lo scialle e l’uccellino li ho ritrovati io per voi, salite anche voi sull’oca che usciremo di qui.”

L’oca spiccò il volo e condusse i tre giovani fuori dal pozzo e poi continuò verso il palazzo di Dante.

I fratelli da tempo avevano fatto ritorno e attendevano il ritorno del fratello più piccolo auspicandosi che fosse stato più fortunato di loro.

Dante fu accolto con abbracci calorosi dai fratelli e dal padre che decise di porre la corona ritrovata sulla testa di Dante.

I fratelli maggiori sposarono le due bellissime principesse e tutti vissero felici e contenti.

Barbara Lachi from: ITALO CALVINO, Fiabe Italiane, (prima edizione 1956), Edizioni Oscar Mondadori, Milano 2002. Titolo: La corona rubata, N°46 vol. I; da: RICCARDO FORSTER, Fiabe popolari dalmate, estratto dall’”Arch.” X, N° 10, La Fada Alzina, (1891, Palermo)

La fiaba è stata scritta da Barbara Lachi che ha utilizzato come fonte principale la raccolta Fiabe Italiane di Italo Calvino. Le versioni di Barbara Lachi sono nella maggioranza dei casi la riscrittura, al fine di evitare problemi dovuti ai diritti d’autore, ma molte delle fiabe hanno subito vere e proprie modifiche nell’andamento e nei finali.