Fiabe
Ovest Europa

Caccarentola

level 2
Difficoltà **

Riassunto: Un sarto realizza un abito per la propria cacca, subito trasformata in fanciulla dalle fate. Ma la vera natura non può essere nascosta neppure da abiti sontuosi e presto la fanciulla mostrerà di che “pasta” sia fatta.

C’era una volta un sarto, i suoi abiti sapevano rendere bello chiunque li indossasse.

Facevano sembrare magri i grassi, alti i bassi, più bassi i troppo alti, più robusti i troppo magri, più belli i brutti.

Tessuti meravigliosi, tagli perfetti era il sarto più bravo del mondo.

Un giorno di ritorno da un viaggio di lavoro, ebbe la necessità di fermarsi, scese dalla carrozza, cercò un cespuglio che lo riparasse da sguardi indiscreti e calati i pantaloni fece la cacca.

Appena ebbe finito il suo sguardo cadde sul suo “prodotto” e come tutte le cose che faceva anche questa gli parve magnifica.

Non aveva mai visto cacca più bella.

Subito gli venne in mente di realizzare un bell’abito e trovati pochi scampoli di tessuto, tagliò e cucì e, in men che non si dica confezionò un vestito per la sua cacca.

Tutto soddisfatto se ne andò.

Passavano da quelle parti alcune fate e vedendo uno strano sfavillio tra i cespugli videro la cacca riccamente vestita.

Un po’ perplesse e stupite al contempo decisero di trasformare in una fanciulla quel capolavoro di cacca e sartoria.

Una fanciulla prosperosa apparve al posto della cacca.

Le fate le donarono un anello e le dissero: “Per nessun motivo al mondo devi togliere l’anello altrimenti la tua vera natura sarà rivelata.”

“Cacca.” Rispose la fanciulla annuendo con la testa.

“Cacca, cacca.” Diceva per ringraziare le fate che sorridendole si allontanavano in cerca di qualcos’altro da trasformare, una zucca in carrozza, un principe in una rana… eccetera.

La ragazza si guardava intorno e non sapeva cosa fare.

“Cacca, cacca, cacca.” Scuoteva la testa sconsolata sospirando.

Mentre era immersa nei suoi pensieri e ripeteva a sé stessa l’unica parola che sapeva pronunciare, dandole ora un’intonazione triste: “Cacca…”

Ora speranzosa: “Cacca!“

Passò di lì il Conte Ravanello che vedendo quella prosperosa fanciulla se ne innamorò a prima vista.

Scese da cavallo e prendendole la mano disse: “Soave fanciulla mi vuoi sposare?”

“Cacca!” Esclamò subito lei intendendo dire “Sì, certo perbacco!”

Il Conte sobbalzò.

“Mi scusi, temo di non aver capito.” Disse.

“Cacca!” Ripeté la fanciulla! “Cacca, cacca, cacca, cacca …”

“Ah!” Disse il Conte “mi era sembrato che aveste detto cacca.” Disse sottovoce vergognandosi un po’.

“Cacca.” Disse sicura la ragazza, confermando con la testa.

Il Conte Ravanello era perplesso a quanto pareva la fanciulla non sapeva dire altro.

Forse era scema o magari non aveva studiato molto… però era prosperosa, talmente prosperosa che il Conte la fece salire sul suo cavallo e la portò al castello per sposarla.

“Mi raccomando”, le disse “non devi parlare con nessuno. Qualunque cosa ti chiedano tu devi solo sorridere. Puoi annuire o negare con la testa ma NON RI-SPON-DE-RE.”

Scandiva le parole il Conte Ravanello, per essere sicuro che capisse.

“Cacca.” Disse la fanciulla.

“No cacca”, rispose esasperato il Conte, “annuisci e basta!” Diceva facendo dondolare la testa avanti e indietro, “oppure nega…” E faceva oscillare il capo da destra a sinistra e viceversa.

“Non dire cacca, perché altrimenti i miei genitori non ci faranno sposare.”

“Cac…” Accennò la fanciulla interrompendosi subito e cominciando ad annuire.

“Brava, Brava così.” Disse il Conte Ravanello sollevato.

Intanto si era inventato la storia della Principessa di Caconia che non sapeva parlare la loro lingua che lui aveva salvato e condotto al castello.

I genitori lo guardavano dubbiosi, questo paese di Caconia doveva essere lontano perché loro non lo conoscevano, tuttavia la fanciulla a giudicare dall’abito sembrava molto ricca.

Così fervevano i preparativi.

Furono invitati principi e principesse, baroni e conti, giunsero dai regni vicini per assistere al matrimonio con l’esotica Principessa.

Tra gli invitati c’era anche il Principe Borio, da sempre acerrimo nemico del Conte Ravanello.

Il Principe era più bruttino del Conte però assai più ricco.

Mentre gli ospiti attendevano nel salone delle feste il Principe Borio si mise a vagare nel castello e “casualmente” capitò nella stanza della fanciulla.

“Buongiorno.” Disse.

La Fanciulla sorrise.

“Siete la futura sposa del Conte Ravanello?” La fanciulla annuì.

“Vi piacerebbe invece sposare me?”

La fanciulla non sapeva cosa rispondere.

“Io sono immensamente più ricco e anche più potente…”

La fanciulla cominciava a capire.

Intanto il Principe le aveva preso la mano, le aveva tolto quell’anello e infilato un altro che casualmente aveva portato con sé.

Appena le sfilò l’anello, la fanciulla sentì un brivido attraversarle la schiena, una piccola scossa sembrò farle vibrare quella zucca vuota e cominciò a parlare: “Ma certo!” Disse con voce melliflua. “Certo che vi voglio sposare non so di che farmene di un Ravanello…” E preso sottobraccio il nuovo spasimante uscì dalla stanza.

Il Conte le chiese dove stesse andando e quando sentì la fanciulla rispondere che se ne andava per sposare il Principe, trasecolò!

Nessuna parola, lacrima o supplica riuscì a farla desistere.

Al Conte Ravanello si spezzò il cuore.

Tuttavia neppure il Principe Borio godette a lungo delle sue grazie, perché arrivò un Principe più ricco che la chiese in sposa e poi un altro e un altro… perché la verità è che per quanti abiti eleganti si possano indossare non ne esiste nessuno che possa nascondere la vera natura delle persone.

Il sarto chiamato a realizzare un abito per il povero Conte Ravanello gli raccontò che infine gli spasimanti si erano stufati di quella fanciulla tanto volubile e l’ultimo l’aveva abbandonata chissà dove.

Così lo consolava cantando:

-Cacca eri e Cacca rimarrai

Qualunque sia la mise che indosserai

Che sia ricca, elegante o raffinata

Tu sterco comunque sei nata!

Testimone ti sarà il firmamento

A cui sempre rivelerai la tua vera natura di escremento!-

Barbara Lachi from: GIUSEPPE SERMONTI_ Alchimia della fiaba (Prima Edizione RUSCONI EDITORE, 1989) Edizioni Lindau, Torino 2009, (con una presentazione di Elémire Zolla e un commento di Giulio Giorello) L’opera è un’esegesi “chimica” delle fiabe più famose.